Risarcimento per lite temeraria: non è necessario dimostrare il danno subito
- 23-09-2011
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Cassazione civile , sez. III, sentenza 23.08.2011 n° 17485
Per ottenere il risarcimento per lite temeraria non occorre la prova dello specifico danno subìto.
E' quanto stabilito dalla Sez. III Civile della Corte di Cassazione con la sentenza 23 agosto 2011, n. 17485.
Il caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte riguardava una società che, dopo aver acquistato un complesso economico-commerciale da un'altra società, con la garanzia che l'azienda fosse libera da passività, riceveva un decreto ingiuntivo per una somma di circa 104 milioni di lire da parte di una terza azienda che asseriva di aver eseguito dei lavori per la società alienante.
Proposta opposizione al decreto ingiuntivo, esso è stato poi revocato dal Tribunale che ha condannato la presunta società creditrice al pagamento delle spese di giudizio e di € 10.000 a titolo di risarcimento del danno per lite temeraria (art. 96 c.p.c.). In appello, però, tale risarcimento non è stato riconosciuto, per cui la società acquirente ha proposto ricorso per Cassazione.
La ricorrente ha definito contraddittoria la decisione della Corte d'appello che, da una parte, aveva individuato la malafede, o quantomeno, la colpa grave nella proposizione dell'azione da parte della creditrice, ma dall'altra non ha ritenuto di riconoscere gli elementi del danno derivato da un'azione svolta con mala fede.
I Giudici del Palazzaccio hanno argomentato che non è d'impedimento all'accoglimento della domanda di risarcimento dei danni da lite temeraria l'omessa prova dello specifico danno subìto dalla parte vittoriosa, danno che non comporta una lesione della propria posizione materiale, bensì costituito "dagli oneri di ogni genere che questa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare l'ingiustificata iniziativa dell'avversario e dai disagi affrontati per effetto di tale iniziativa, danni la cui esistenza può essere desunta dalla comune esperienza (Cass., 5 maggio 2003, n. 6796)."
Per le suddette ragioni, la Suprema Corte ha accolto il ricorso, condannando la presunta società creditrice al risarcimento danni, oltre le spese di giudizio.
(Altalex, 23 settembre 2011. Nota di Maria Elena Bagnato)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 26 maggio - 23 agosto 2011, n. 17485
(Presidente Petti - Relatore D'Amico)
Svolgimento del processo
La S.n.c. K. di B. K. e M. P. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del
Tribunale di Bergamo in favore della s.r.l. T.I.F. Termoimpianti F., per la somma di L. 104.220.200 a fronte della esecuzione di taluni lavori.
Esponeva l'attrice che, con contratto del 16 dicembre 1998, la Tavola Rotonda le aveva ceduto un complesso economico-commerciale in Milano, garantendole che l'azienda era libera da qualsiasi passività.
Poiché il credito per cui la T.I.F. aveva agito risaliva agli anni 1996/1997, veniva a "mancare una delle condizioni stabilite dall'art. 2560 c.c." perché l'opponente potesse essere considerata debitrice solidale e cioè la conoscenza dell'esistenza del preteso debito.
Concludeva, pertanto, chiedendo la dichiarazione di illegittimità del decreto opposto in quanto l'opponente nulla doveva alla opposta e, in via subordinata, la condanna della Tavola Rotonda a tenerla indenne da ogni pretesa della T.I.F.
Si costituiva in giudizio la s.r.l. TI.F. Termoimpianti F. la quale contestava la domanda chiedendo la condanna della opponente al pagamento della somma portata dal decreto ingiuntivo opposto.
Con atto di citazione, del 23 settembre 1999, la S.n.c. Tavola Rotonda di V. R. & C. proponeva opposizione avverso il medesimo decreto ingiuntivo, eccependo, preliminarmente, l'incompetenza per territorio del Giudice adito; la sua carenza di legittimazione passiva, in quanto il contratto di appalto a cui i lavori si riferivano era intervenuto non con l'opponente ma con C.V.; che il corrispettivo dei lavori oggetto della presente causa era già stato "ampiamente pagato dalla sig.ra C.V.", come era dimostrato dalla scrittura privata del 19 luglio 1996.
Il decreto ingiuntivo era stato notificato anche alla s.n.c. K. la quale, in conseguenza di ciò, aveva "bloccato" il pagamento della somma di L. 40.000.000, parte del prezzo convenuto per la cessione dell'azienda, e del fatto doveva essere ritenuta responsabile l'opposta.
Chiedeva pertanto la dichiarazione di incompetenza del Tribunale adito, essendo competente il Tribunale di Milano; la pronuncia della carenza di legittimazione passiva, della litispendenza, relativamente alla causa pendente avanti al Tribunale di Milano; la dichiarazione di nullità, improcedibilità, inefficacia del decreto ingiuntivo emesso nel merito, il rigetto di ogni pretesa della T.I.F. e, in via riconvenzionale, la condanna della opposta al risarcimento dei danni subiti, anche ai sensi dell'art. 96 c.p.c..
Si costituiva in giudizio la s.r.l. T.I.F. la quale contestava la domanda.
I procedimenti venivano riuniti.
Il Tribunale, con sentenza n. 53/2005 revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava la T.I.F. al pagamento, in favore della s.a.s. Tavola Rotonda, delle spese di giudizio e della somma di Euro 10.000,00 a titolo di risarcimento del danno ai sensi dell'art. 96 c.p.c.
Avverso la predetta sentenza ha proposto appello la s.n.c. T.I.F. chiedendo di respingere la condanna ex art. 96 c.p.c. e la conferma dei decreti ingiuntivi emessi sia nei confronti della s.a.s. Tavola Rotonda che della s.n.c. C.
Si sono costituite in giudizio le appellate le quali hanno resistito all'appello avanzato e, assumendo la correttezza della sentenza impugnata, ne hanno chiesto il rigetto. La S.n.c. Tavola Rotonda ha, inoltre chiesto, in via di appello incidentale, la condanna della K. al pagamento delle spese relative al procedimento di sequestro intentato in corso di causa, disposta dal Giudice di primo grado che aveva però omesso la liquidazione nel dispositivo.
La Corte d'Appello, in parziale accoglimento dell'appello avanzato dalla T.I.F. Termoinpianti Foglieni, rigettava la domanda di risarcimento del danno ai sensi dell'art. 96 c.p.c. avanzata dalla s.a.s. Tavola Rotonda di V. R. & C..
Condannava la s.a.s. C. di S. B. & C. (già K. s.r.l.) alla rifusione delle spese legali relative al procedimento di sequestro in favore della s.a.s. Tavola Rotonda.
Propone ricorso per cassazione R..V. in qualità di socia accomandataria della s.a.s. Tavola Rotonda di V. R. & C. con due motivi.
Non svolgevano attività difensiva le parti intimate.
Motivi della decisione
Con il primo motivo parte ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione dell'art. 96 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 3".
Sostiene parte ricorrente che il fondamento della fattispecie consiste nell'abuso del diritto o abuso del processo. È infatti espressione di un atteggiamento di grave negligenza o malafede nell'esame dei dati processuali richiedere il pagamento di un credito ad un soggetto estraneo e/o comunque pretendere una seconda volta il pagamento di un credito che è già stato quietanzato come da scrittura privata prodotta dalla Tavola Rotonda.
Con il secondo motivo si denunci "omessa e/o insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto decisivo del giudizio in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 5".
Secondo parte ricorrente appare contraddittoria la decisione della Corte d'appello che, da una parte, accerta, dichiara e riconosce la malafede o quantomeno la colpa grave nella proposizione dell'azione da parte della T.I.F. e dall'altra non ritiene di individuare elementi del danno derivato da un'azione svolta in mala fede e che nel corso del giudizio ha impegnato la difesa della Tavola Rotonda che a fronte di un credito inesistente si è vista citare in giudizio, pur essendo totalmente estranea al credito azionato.
I motivi, strettamente connessi, devono esser congiuntamente esaminati ed accolti.
All'accoglimento della domanda di risarcimento dei danni da lite temeraria non osta infatti l'omessa deduzione e dimostrazione dello specifico danno subito dalla parte vittoriosa, che non è costituito dalla lesione della propria posizione materiale, ma dagli oneri di ogni genere che questa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare l'ingiustificata iniziativa dell'avversario e dai disagi affrontati per effetto di tale iniziativa, danni la cui esistenza può essere desunta dalla comune esperienza (Cass., 5 maggio 2003, n.6796).
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa va decisa nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c., con condanna della T.I.F. Termoimpianti F. s.r.l. al pagamento di Euro 10.000,00 ex art. 96 c.p.c. per il giudizio di primo grado, oltre interessi dalla data della relativa sentenza. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e decidendo nel merito condanna la s.r.l. T.I.F. Termoimpianti F. al pagamento di Euro 10.000 ex art. 96 c.p.c. per il giudizio di primo grado, oltre interessi dalla data della sentenza di primo grado. Condanna la stessa T.I.F. al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in Euro 1.600,00, di cui Euro 1.400,00 per onorari, oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori come per legge.