la responsabilità del condominio per danni causati dalla mancata riparazione o ricostruzione del lastrico solare
- 23-02-2011
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Cassazione civile, sez. II, 17 gennaio 2011, n. 941 da praticaforense.it
Il lastrico solare anche se attribuito in uso esclusivo o di proprietà esclusiva di uno dei condomini, svolge la funzione di copertura del fabbricato e quindi l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto al proprietario, grava su tutti i condomini, con ripartizione delle relative spese secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c.. Il condominio dunque è responsabile, quale custode ex art. 2051 c.c. dei danni che siano derivati al singolo proprietario o a terzi per difetto di manutenzione del lastrico solare, non rilevando a tal fine che i necessari interventi riparatori o ricostruttivi non consistano in un mero ripristino delle strutture preesistenti, ma esigano una specifica modifica od integrazione in conseguenza di vizio carenze costruttive originarie
TESTO DELLA SENTENZA
Svolgimento del processo
Ca.Lu. e C.B. convenivano in giudizio R.G., T.C.L., F.S. e il condominio di (omissis) chiedendone la condanna al rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione di lavori necessari ad eliminare le infiltrazioni idriche manifestatesi nei box e nelle mura perimetrali. Gli attori esponevano: di essere proprietari di un appartamento al primo piano dell'edificio condominiale in questione con annesso piano di calpestio esterno; di aver ricevuto pressione dai proprietari dei box sottostanti al detto piano di calpestio di eliminare le cause dei fenomeni infiltrativi; di aver proceduto ai necessari lavori per eliminare l'inconveniente sostenendo la spesa complessiva di L. 48.077.00 per lavori sul lastrico e di L. 1.300.000 per opere relative al muro perimetrale; di aver quindi diritto al rimborso della quota pari ai 2/3 della spesa relativa ai lastrico dai proprietari dei box sottostanti ed al rimborso ex art. 123 c.c. della spesa sostenuta per il muro perimetrale del condominio.
I convenuti si costituivano e chiedevano il rigetto della domanda.
Con sentenza n. 30565/2002 l'adito tribunale di Roma, eseguita la disposta c.t.u. rigettava la domanda rilevando che nella specie non era applicabile l'art. 1226 c.c. posto che detto articolo riguardava il criterio di ripartizione delle spese di riparazione del lastrico conseguenti alla sua vetustà mentre le infiltrazioni in questione dovevano imputarsi a vizi costruttivi indebitamente tollerali dagli attori che non avevano agito nei confronti del costruttore.
Avverso la detta sentenza i soccombenti attori proponevano appello al quale resistevano tutti gli appellati.
Con sentenza 2/3/2005 la corte di appello di Roma, in accoglimento del gravame e in riforma del"impugnata decisione, condannava R. G., T.C.L., F.S. e il condominio a versare agli appellanti le somme per ciascun appellato determinate.
La corte di appello osservava: che il lastrico solare a livello e l'adiacente giardino svolgevano la funzione di copertura dei box del fabbricato per cui l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione gravava anche sui condomini proprietari dei box con ripartizione delle relativi spese secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c. non rilevando a tal fine la necessità, con gli interventi riparatori, del ripristino delle strutture preesistenti o della modifica o dell'integrazione in conseguenza dei vizi o della carenze costruttive originarie: che, come emergeva dalla c.t.u., le infiltrazioni non erano dovute a cattiva o negligente manutenzione imputabile ai proprietari del lastrico solare; che le opere eseguite dagli appellanti avevano in parte risolto il problema delle infiltrazioni in quanto finalizzate alla impermeabilizzazione ex novo del lastrico solare: che pertanto i proprietari dei box sottostanti il lastrico avevano l'obbligo di contribuire, in proporzione delle rispettive quote, alle spese (determinate dal c.t.u. in L. 38.552.800) sostenute dagli appellanti secondo le disposizioni di cui all'art. 1226 c.c.; che quindi gli appellati andavano condannati al pagamento in favore degli appellati delle somme per ciascuno determinate sulla base delle rispettive quote millesimali; che il condominio andava condannato al pagamento in favore degli appellanti - per la spesa sostenuta per le mura perimetrali - di L. 1.300.00 previa detrazione della quota spettante agli stessi appellanti a norma dell'art. 1123 c.c..
La cassazione della sentenza della corte di appello di Roma è stata chiesta da R.G. e da T.C.L. con ricorso affidato a due motivi. C.B. e Ca.Lu. hanno resistito con controricorso ed hanno depositato memoria. Gli intimati F.S. e condominio di (omissis) non hanno svolto attività difensiva in sede di legittimità.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso il R. e la T.C. denunciano violazione dell'art. 1134 c.c. deducendo che il C. e la Ca. hanno sostenuto spese per cose comuni senza la preventiva autorizzazione dell'amministratore o del condominio per cui il giudice di appello avrebbe dovuto far riferimento al citato art. 1134 c.c. e non agli artt. 1123 e 1126 che si riferiscono solo al criterio di ripartizione e presuppongono l'imputabilità della spesa ai condomini. La detta questione è stata affrontata nella comparsa di costituzione in primo grado per cui i condomini non sono tenuti a rimborsare una spesa decisa unilateralmente - e senza autorizzazione - da uno solo di essi.
La censura non può trovare accoglimento in quanto relativa ad una questione che dalla lettura della sentenza impugnata non risulta (nè è stato dedotto dai ricorrenti) essere stata riproposta in appello, come pur sarebbe stato necessario, ex art. 346 c.p.c..
Al riguardo è sufficiente osservare che, come è noto, le domande proposte in via subordinata e ritenute assorbite dall'accoglimento della domanda principale, pur non necessitando di riproposizione attraverso una impugnazione incidentale, devono comunque essere richiamate in maniera esplicita in qualsiasi scritto del giudizio di secondo grado, entro l'udienza di precisazione delle conclusioni, pena l'effetto di tacita rinuncia sancito dall'art. 346 c.p.c.. Detto onere non risulta essere stato rispettato dai ricorrenti.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell'articolo 1126 ex. e vizi di motivazione sostenendo che nella specie - come affermato dal giudice di primo grado - non è applicabile il detto articolo dovendosi attribuire la causa delle infiltrazioni non a "vetustà" ma a vizi costruttivi dell'immobile come peraltro ammesso dagli stessi attori nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado. Il C. e la Ca. sono quindi colpevoli per il mancato azionamento della garanzia prevista dalla legge nei confronti del costruttore e non possono far valere nei confronti degli altri condomini diritti che avrebbero dovuto far valere verso il costruttore. Nella sentenza impugnata tale fondamentale aspetto della controversia non risulta affrontato, nulla argomentandosi in merito alla questione dei vizi strutturali o di costruzione. La corte di appello non ha spiegato le ragioni per le quali, in contrasto con il tribunale, ha ritenuto imputabile ai C. la responsabilità per la mancala eliminazione delle cause del danno conseguente alla indebita tolleranza manifestata in ordine a difetti originari di progettazione o di esecuzione di opera.
Anche questo motivo deve essere disatteso posto che la corte di appello ha fatto corretta applicazione dei seguenti principi più volte affermati nella giurisprudenza di legittimità:
- i singoli proprietari delle varie unità immobiliari comprese in un edificio condominiale, sono a norma dell'art. 1317 c.c., (salvo che risulti diversamente dal titolo) comproprietari delle parti comuni, tra le quali il lastrico solare, assumendone la custodia con il correlativo obbligo di manutenzione;
- il lastrico solare, anche se attribuito in uso esclusivo o di proprietà esclusiva di uno dei condomini, svolge funzione di copertura del fabbricato e perciò l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto a detto condomino, grava su tutti i condomini, con ripartizione delle relative spese secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c.; di conseguenza il condominio risponde, quale custode ex art. 2051 c.c., dei danni che siano derivati al singolo condomino o a terzi per difetto di manutenzione del lastrico solare, non rilevando a tal fine che i necessari interventi riparatori o ricostruttivi non consistano in un mero ripristino delle strutture preesistenti, ma esigano una specifica modifica od integrazione in conseguenza di vizi o carenze costruttive originarie, salva in questo caso l'azione di rivalsa nei confronti del costruttore-venditore;
- in tema di condominio di edifici il lastrico solare - anche se attribuito in uso esclusivo, o di proprietà esclusiva di uno dei condomini - svolge funzione di copertura del fabbricato e perciò, l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto a detto condomino, grava su tutti, con ripartizione delle spese secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c.. Ne consegue che il condominio, quale custode ex art. 2050 c.c. - in persona dell'amministratore, rappresentante di tutti i condomini tenuti ad effettuare la manutenzione, ivi compreso il proprietario del lastrico o colui che ne ha l'uso esclusivo - risponde dei danni che siano derivati al singolo condomino o a terzi per difetto di manutenzione del lastrico solare. A tal fine i criteri di ripartizione delle spese necessarie non incidono sulla legittimazione dei condominio nella sua interezza e del suo amministratore, comunque tenuto a provvedere alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio ai sensi dell'art. 1130 c.c..
- l'obbligo del singolo condomino di contribuire in misura proporzionale al valore della sua unità immobiliare alle spese necessarie per la manutenzione e riparazione delle parti comuni dell'edificio e alla rifusione dei danni subiti dai singoli condomini nelle loro unità immobiliari, a causa dell'omessa manutenzione o riparazione delle parti comuni, trova la sua fonte nella comproprietà delle parti comuni dell'edificio e non nella specifica condotta illecita ad esso attribuibile, potendo tale condotta, ove provata, esclusivamente far sorgere a suo carico l'obbligo di risarcire il danno complessivamente prodotto ex art. 2043 c.c.. Tale principio trova applicazione anche quando i danni derivino da vizi e carenze costruttive dell'edificio, salva l'azione di rivalsa, ove possibile, nei confronti del costruttore.
- il lastrico solare anche se attribuito in uso esclusivo o di proprietà esclusiva di uno dei condomini, svolge funzione di copertura del fabbricato e perciò l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto a detto condomino, grava su tutti i condomini, con ripartizione delle relative spese secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c. di conseguenza il condominio risponde, quale custode ex art. 2051 c.c. dei danni che siano derivati al singolo condomino o a terzi per difetto di manutenzione del lastrico solare non rilevando a tal fine che i necessari interventi riparatori o ricostruttivi non consistano in un mero ripristino delle strutture preesistenti, ma esigano una specifica modifica od integrazione in conseguenza di vizio carenze costruttive originarie.
La Corte d'appello ha puntualmente applicato al caso di specie i detti principi affrontando specificamente - al contrario di quanto dedotto dai ricorrenti nel motivo in esame - la diversa tesi fatta propria dal primo giudice e ritenuta infondata alla luce dei sopra riportati principi. La corte di merito ha peraltro evidenziato che, comunque, come chiarito dal c.t.u., le opere eseguite dai C. - Ca. avevano riguardato "la risoluzione delle problematiche infiltrative in quanto effettivamente finalizzate alla impermeabilizzazione ex nova del lastrico solare ed al conseguente ripristino dei luoghi senza introduzione di particolari innovazioni o miglioramenti rispetto allo stato ante operam se non l'abbattimento della vetustà dei materiali".
Da ciò l'infondatezza sotto tutti gli aspetti della censura in esame: del tutto insussistenti sono pertanto le asserite violazioni di legge e i lamentati vizi di motivazione.
Il ricorso va di conseguenza rigettato con la condanna dei soccombenti ricorrenti in solido al pagamento, in favore dei resistenti, delle spese del giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore dei resistenti C.B. e C. L., delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 200,00, oltre Euro 2.000.00 a titolo di onorari ed oltre accessori come per legge.